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reato aberrante

Con l’espressione “aberratio” o “reato aberrante” si denominano quelle ipotesi in cui il soggetto agente realizza, per errore nei mezzi di esecuzione o per altra causa, un reato diverso da quello voluto, o cagiona un’offesa nei confronti di una persona diversa da quella che voleva offendere. Il codice prevede due specifiche ipotesi di reato aberrante. l’aberratio ictrus (ex art. 82 c.p.) e l’aberratio delicti (ex art. 83 c.p.). L’art. 82 c.p. dispone che:” – quando, per errore nell’uso dei messi di esecuzione del reato o per altra causa, è cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta, il colpevole risponde come se avesse commesso il reato in danno della persona che voleva offendere, salvo, per quanto riguarda le circostanze aggravanti ed attenuanti, le disposizioni di cui all’art. 60 c.p.; qualora oltre alla persona diversa sia offesa anche quella alla quale l’offesa era diretta, il colpevole soggiace alla pena stabilita per il reato più grave, aumentata fino alla metà”
E’ questo il caso di chi, per errore nell’uso dei mezzo di esecuzione o per altra causa, cagiona l’offesa (quella voluta o un’ offesa omogena) a persona diversa da quella predestinata: è il caso, ad esempio, del soggetto che nel tentativo di uccidere una persona, ne uccide un’altra per errore (ad esempio perché il proiettile, deviando, ha colpito un soggetto anziché un altro) o per altra causa (ad esempio, nel momento in cui l’agente preme il grilletto, la persona presa di mira cade e viene colpito altro soggetto). La norma risponde ai principi generali sull’elemento psicologico del reato: l’errore non ha alcuna rilevanza e l’agente risponde come se avesse colpito la persona presa di mira, poiché, essendo l’offesa realizzata normativamente equivalente a quella voluta, il dolo è perfetto nei suoi elementi costitutivi ed investe pienamente il fatto commesso. Ai fini del dolo, infatti, è irrilevante l’identità della persona offesa, in quanto la norma che punisce, ad esempio, l’omicidio tutela la vita umana in quanto tale. E’ chiaro che l’evento in danno alla persona diversa non deve essere voluto dall’agente neppure a titolo di dolo eventuale, poiché in caso contrario dell’evento stesso di risponderà a titolo appunto di dolo e non già di art. 82 c.p.. Proprio perché nel reato preterintenzionale c’è omogeneità tra evento voluto ed evento (diverso e più grave) realizzato e, tale diverso evento non deve essere voluto dall’agente neppure a titolo di dolo eventuale, l’aberratio ictus è compatibile con il delitto preterintenzionale: in questi termini, il ladro che, nel corso di una rapina in banca, colpisce col calcio della pistola un cliente per farlo tacere e, lasciando con ciò partire accidentalmente un colpo di arma, uccide un altro cliente o un dipendente bancario, risponderà di omicidio preterintenzionale per aberratio ictus ex art. 82 c.p. Con riferimento all’aberratio ictus, sono possibili 2 diverse ipotesi concrete:

  • ABERRATIO ICTUS MONOLESIVA: si verifica quando si arreca offesa esclusivamente alla persona diversa.; tale ipotesi è disciplinata dal comma 1 dell’art. 82 c.p.

Ci si chiede se per l’applicabilità di tale disposizione sia necessario che nei confronti della vittima originariamente designata si debbano realizzare almeno gli estremi del tentativo.  La dottrina prevalente ritiene che per la configurabilità dell’ipotesi in oggetto, non è necessaria di per sé la presenza degli estremi del tentativo nei confronti della vittima originariamente designata, bastando l’idoneità degli atti ex ante nei confronti del soggetto diverso. Contro questa tesi si schiera, tuttavia, una parte della dottrina più recente: secondo molti, ragionando diversamente, si finirebbe col punire a titolo di dolo un comportamento che non è ancora allo stato di ideazione nei confronti della vittima designata e quindi si finirebbe per ledere il principio cogitationis poenam nemo patitu (letteralmente: nessuno può subire una poena per i suoi “pensieri”).  A conferma di ciò si fa il seguente esempio: Tizio, volendo avvelenare la vecchia zia, avvelena dei cioccolatini che si ripromette di regalarle e quindi li colloca in un cassetto della sua scrivania; la serva golosa, facendo pulizie, trova i cioccolatini, ne mangia uno e muore. Se ritenessimo applicabile il prima comma dell’art. 82 c.p., Tizio sarebbe chiamato a rispondere di omicidio volontario consumato per una condotta che non è tipica e che non è idonea né diretta in modo non equivoco all’uccisione della zia. L’aberratio ictus monolesiva comporta, ad ogni modo, che l’autore risponda del delitto realizzato nei confronti della persona diversa come se l’avesse commesso in danno alla persona che voleva offendere, salvo il regime previsto dall’art 60 c.p. per il caso di errore di persona.

  • ABERRATIO ICTUS PLURIOFFENSIVA: si verifica allorquando si offendono contemporaneamente tanto la vittima predestinata tanto una persona diversa; tale ipotesi è configurata all’art. 82 comma 2, per effetto del quale il colpevole soggiacerà alla pena stabilita per il reato più grave, aumentato fino alla metà.
  • La dottrina discute se l’aberratio ictus dia luogo, o no, a un’ipotesi di responsabilità oggettiva.

La risposta è negativa se si considera che l’identità della persona offesa non è oggetto del dolo. In caso di aberratio ictus, il reo realizzerebbe un’offesa «normativamente equivalente» a quella voluta: Tizio voleva uccidere un uomo e ha appunto ucciso un uomo, anche se diverso dalla vittima designata
La risposta è invece affermativa se si ritiene che il dolo riguardi non l’evento astratto («uccisione di un uomo»), ma l’evento concreto («uccisione di Caio»).
Tizio, che voleva uccidere Caio, ha escluso o non si è neppure raffigurato la possibilità di uccidere al suo posto Sempronio. Se l’art. 82 c.p. non esistesse, egli risponderebbe di tentato omicidio nei confronti di Caio e di omicidio colposo nei confronti di Sempronio; dunque la norma, punendolo per omicidio volontario, prevederebbe in realtà una responsabilità oggettiva.
Per quanto riguarda l’aberratio ictus plurilesiva, invece, è stata proposta una reinterpretazione dell’art. 82 c.p., al fine di renderlo maggiormente conforme ai principi costituzionali in tema di colpevolezza: il reo dovrebbe rispondere (a titolo di dolo) solo se il suo errore è dovuto almeno a colpo; cioè se si può accertare che un uomo ragionevole, al suo posto, avrebbe potuto essere più prudente e accorgersi della possibilità di colpire una persona ulteriore rispetto alla vittima designata. Il risultato è però paradossale, come se il legislatore prescrivesse al contempo: a) di non tenere la condotta aggressiva volontaria, ma b) di tenerla nel rispetto delle regole cautelari per evitare l’offesa di persone diverse dalla vittima designata.
Per superare quest’evidente contraddizione, parte della dottrina suggerisce di avere riguardo alla prevedibilità in concreto, da parte del reo, della possibilità di colpire una vittima diversa da quella designata.
Ai fini della responsabilità penale, si tratterebbe cioè di accertare un minimo di colpevolezza diverso dalla violazione di regole cautelari che dà luogo a colpa, e legato invece alla semplice prevedibilità (concreta) dell’evento aberrante.

ABERRATIO DELICTI
“- Fuori dai casi previsti dall’articolo precedente, se, per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato o per altra causa, si cagiona un evento diverso da quello voluto, il colpevole risponde a titolo di colpa dell’evento non voluto, quando il fatto è previsto dalla legge come delitto colposo.
-Se il colpevole ha cagionato, altresì, l’evento voluto, si applicano le regole del concorso di reati” (art. 83 c.p.)
E’ questo il caso di chi, sempre per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione o per altra causa, cagiona un reato diverso da quello voluto ed il fatto commesso è previsto dalla legge come delitto colposo: è l’ipotesi di Tizio che vuole ammazzare Caio e gli spara contro, ma mentre spara, Caio cade e il proiettile colpisce materie infiammabili provocando un incendio. In tale caso Tizio risponderà di incendio colposo. Se invece il proiettile rompe una vetrina, Tizio non potrà rispondere di danneggiamento, in quanto tale delitto è punito solo a titolo di dolo. Se, oltre all’evento non voluto, si sia cagionato anche l’evento voluto, il legislatore, al secondo comma dell’art. in esame, richiama esplicitamente le norme sul concorso di reati, per cui il soggetto risponderà di reato doloro e di reato colposo (se per quest’ultimo vi è una specifica previsione legislativa).  L’inciso “reato più grave” contenuto nell’art. 82 cpv ,va riferito all’eventuale presenza, nella fattispecie concreta, di circostanze in senso tecnico: pertanto, nel caso in cui per errore nell’esecuzione sia stato cagionato un evento diverso (ad esempio lesione) accanto all’evento voluto (ad esempio l’uccisione), si applicherà l’art. 83 cpv. (aberratio delicti) e non già l’art. 82 cpv. (aberratio ictus). Se l’evento verificatosi costituisce una progressione naturale e prevedibile di quello voluto o di entità più grave di questo, l’evento maggiore va (secondo la Cassazione n. 3168/89) addebitato all’agente a titolo di dolo, alternativo o eventuale a seconda dei casi. In buona sostanza, ogniqualvolta si è cagionato proprio l’evento avuto di mira, ma in danno a persona diversa si è in presenza di aberratio ictus, mentre ogni volta che si cagiona un evento diverso da quello voluto si è in presenza di un aberratio delicti. L’evento è diverso, in altre parole, quando non vi è omogeneità tra il bene giuridico che si voleva ledere e il bene giuridico concretamente leso. Per fare degli esempi chiari: a) si applicherà l’art. 82 e non l’art. 83, nel caso di chi voleva uccidere e ferisce soltanto ( i due eventi sono omogenei), o nel caso di chi voleva ferire ma uccide; b) si applicherà l’art. 83, nel caso di chi voleva ferire ma provoca un incendio, o voleva danneggiare una cosa ma provoca la morte di una persona.
ABERRATIO CAUSAE
Dalla dottrina è stata, infine, creata una terza figura di aberratio, ossia l’aberratio itineris causarum, che ricorre allorquando, per errore nella fase consumativa, la successione causale si sia svolta in maniera differente da quella prevista dall’agente. E’ il caso di chi, volendo ammazzare un soggetto facendolo annegare, lo scaraventa nel fiume, ma il soggetto non muore per annegamento bensì perché batte la testa contro un sasso. In tal caso, nessun effetto produce la diversa successione causale, in quanto il soggetto risponderà comunque di omicidio doloso. Differente è, invece, l’ipotesi nella quale il soggetto credendo con una propria azione di aver causato un dato evento, lo determina in conseguenza di una successiva azione: è l’ipotesi di chi spara ad una persona e credendola erroneamente morta la seppellisce viva, per cui essa muore successivamente per soffocamento. In tal causo, parte della dottrina identifica ugualmente il reato doloso, altri invece concludono per il concorso tra tentativo di omicidio doloso con un reato colposo.