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misure alternative alla detenzione

Le misure alternative alla detenzione (disciplinate dalla Legge. n. 354/1975) consistono in modalità di esecuzione delle condanne diverse dalla esecuzione della pena negli istituti penitenziari. La competenza a decidere sulla loro concessione è affidata al Tribunale di Sorveglianza. Possono accedervi i detenuti che hanno evidenziato progressi nel processo di risocializzazione e devono scontare un residuo di pena che risulta nei limiti fissati dalla Legge.

L’affidamento in prova ai servizi sociali è previsto e disciplinato dall’art. 47 dell’Ordinamento Penitenziario: se la pena detentiva inflitta non supera i tre anni, il condannato ha la possibilità di essere affidato ai servizi sociali fuori dell’istituto per un periodo uguale a quello della pena da espiare. Il provvedimento viene adottato sulla base dei risultati della osservazione della personalità, condotta per almeno un mese in istituto, nei casi nei quali si può ritenere che il medesimo, anche attraverso le prescrizioni delle quali al comma 5, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati. Le prescrizioni relative all’affidamento in prova, modificabili nel corso dell’esecuzione della misura, da parte del Magistrato di Sorveglianza, sono redatte su apposito verbale nel quale si può disporre che durante l’intero o parte del periodo di affidamento in prova il condannato non soggiorni in uno o più comuni, o soggiorni in un comune determinato, stabilendo in particolare, prescrizioni che impediscano al soggetto di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati.

La semilibertà è prevista e disciplinata dagli artt. 48 e seguenti dell’Ordinamento Penitenziario e consiste nella possibilità per il condannato di trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto; possono essere espiate in regime di semilibertà la pena dell’arresto e la pena della reclusione non superiore a sei mesi, se il condannato non è affidato in prova al servizio sociale. Fuori dei casi previsti dal comma 1, il condannato può essere ammesso al regime di semilibertà dopo l’espiazione di almeno metà della pena, ovvero se si tratta di condannato per qualcuno dei delitti indicati nel comma 1 dell’articolo 4 bis O.P., di almeno due terzi di essa. L’ammissione al regime di semilibertà è disposta in relazione ai progressi compiuti nel corso della detenzione, quando vi sono le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società.

La detenzione domiciliare è infine disciplinata dall’ art. 47 ter O.P.: la pena della reclusione per qualunque reato, ad eccezione di quelli previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, e dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale, dall’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e dall’articolo 4-bis dell’O.P., può essere espiata dal condannato nella propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza, quando trattasi di persona che, al momento dell’inizio dell’esecuzione della pena, o dopo l’inizio della stessa, abbia compiuto i settanta anni di età purché non sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza nè sia stato mai condannato con l’aggravante di cui all’articolo 99 del codice penale.

La pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena dell’arresto, possono essere espiate dal condannato nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza, quando trattasi di:

a) donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente;
b) padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole;
c) persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali;
d) persona di età superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente;
e) persona minore di anni ventuno per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.
Al condannato, al quale sia stata applicata la recidiva prevista dall’articolo 99, quarto comma, del codice penale, può essere concessa la detenzione domiciliare se la pena detentiva inflitta, anche se costituente parte residua di maggior pena, non supera tre anni.

La detenzione domiciliare può essere applicata per l’espiazione della pena detentiva inflitta in misura non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni di cui al comma 1 quando non ricorrono i presupposti per l’affidamento in prova al servizio sociale e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati. La detenzione domiciliare non è invece concedibile ai condannati per i reati di cui all’articolo 4-bis e a quelli cui sia stata applicata la recidiva prevista dall’articolo 99, quarto comma, del codice penale.