maltrattamenti in famiglia

Ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti non è richiesta l’individuazione di condotte sistematiche – nozione, quest’ultima, che invia alla preordinazione e strutturazione di un vero programma teso all’umiliazione ed all’annichilimento della vittima – essendo, invece, necessaria e sufficiente l’abitualità rispetto alla quale il dolo è individuabile nella consapevolezza dell’agente di persistere in un’attività vessatoria. Tale consapevolezza non richiede (e dunque prescinde) dalla sussistenza di uno specifico programma criminoso, verso il quale la serie di condotte criminose, sin dalla loro rappresentazione iniziale, siano finalizzate, programma, invece, peculiare dell’istituto della continuazione. E’, dunque, sufficiente, ai fini della sussistenza del dolo, la consapevolezza dell’autore del reato di persistere in un’attività delittuosa, già posta in essere in precedenza, idonea a ledere l’interesse tutelato dalla norma incriminatrice: l’aspetto unitario e programmatico del dolo non si esprime, dunque, nel senso di richiedere la preordinazione di un programma criminoso ma funge da elemento unificatore della pluralità di atti lesivi della personalità della vittima e si concretizza nell’inclinazione della volontà a una condotta oppressiva e prevaricatoria che, nella reiterazione dei maltrattamenti, si va via via realizzando e confermando, in modo che il colpevole accetta di compiere le singole sopraffazioni con la consapevolezza di persistere in una attività illecita, posta in essere già altre volte (Cass. 32782/19).