corruzione

Il pubblico ufficiale, che, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da tre a otto anni.

Le ipotesi di corruzione sono trattate dal codice penale in varie ipotesi, che vanno dall’art. 318 c.p. sino all’art. 322 c.p.
Il tratto caratteristico dei delitti di corruzione è dato dal c.d. pactum sceleris tra il pubblico ufficiale (o l’incaricato di pubblico servizio) ed il privato, avente ad oggetto il compimento da parte del funzionario pubblico di una atto del suo ufficio o l’esercizio delle funzioni, di un atto contrario ai suoi doveri d’ufficio oppure il mancato compimento di un atto del suo ufficio.
Tutti i delitti di corruzione configurano ipotesi di reato-contratto, in cui ad essere penalmente rilevante non è la fase di formazione delle volontà delle parti (come nella truffa ex art. 640), bensì la stipulazione del contratto illecito in quanto tale. Ai sensi dell’art. 321, la medesima pena è inflitta anche nei confronti del privato corruttore.
Sul piano civile, inoltra, consegue la nullità del contratto per contrarietà a norme imperative ex art. 1418 del codice civile.
Ulteriore elemento comune a tutte le fattispecie corruttive è la natura plurisoggettiva del reato, in cui elemento costitutivo è l’incontro delle volontà delle parti su un piano di parità, al contrario della concussione (art. 317), in cui il pubblico agente agisce in una veste di supremazia rispetto al privato.
Il bene giuridico tutelato dalla norma è il corretto funzionamento ed il prestigio della Pubblica amministrazione.
La condotta penalmente rilevante è costituita dal pubblico funzionario che riceve denaro a altra utilità o ne accetta la promessa per l’esercizio delle sue funzioni o dei poteri (c.d. corruzione impropria), e quella speculare del privato di dare o promettere denaro o altra utilità.
La norma ha unificato la previgente differenziazione tra corruzione antecedente e susseguente, a seconda cioè che la retribuzione preceda l’esercizio della funzione oppure la segua.
Il tentativo di corruzione e l’istigazione alla corruzione di cui all’art. 322 si differenziano per il fatto che quest’ultima fattispecie punisce la volontà di una sola delle parti (pubblico funzionario o privato) a corrompere, mentre la tentata corruzione implica la concorde volontà delle parti di accordarsi, accordo poi non perfezionatosi per cause indipendenti dalla volontà dei contraenti.
La fattispecie in esame rappresenta un’ipotesi di reato a consumazione frazionata, per cui il reato è effettivamente perfetto e consumato già al momento della promessa, ma le successive dazioni di denaro, non costituendo post-fatti penalmente irrilevanti, spostano in avanti la consumazione del reato, con vari effetti, quali il decorso posticipato del termine di prescrizione del reato o il possibile sub-ingresso di concorrenti nel reato ex art. 110 c.p.