confisca per equivalente nei reati tributari

Con riferimento al delitto di occultamento o distruzione di scritture contabili (ex art. 10 d.lgs. 74/2000), quando non si riesca a ricostruire, neppure in parte, il reddito e il volume di affari, non è possibile individuare, nell’an e, comunque, nel quantum, un’eventuale imposta dovuta, sicchè non potrà in tal caso essere determinato un illecito profitto suscettibile di confisca – diretta o per equivalente conseguente alla condotta criminosa. Quando, invece, sia possibile ricostruire aliunde, anche con documentazione acquisita presso terzi, il volume di affari ed il reddito, così da poter quantificare l’imposta dovuta (ad esempio quando sia possibile verificare l’imponibile ai fini dell’imposta sul sui redditi e l’importo dell’iva risultante dalle fatture emesse dal contribuente, da quest’ultimo non consegnate agli accertatori ma reperite presso terzi), è configurabile il profitto del reato, suscettibile di confisca, anche per equivalente, e di sequestro preventivo ex art. 321, co. 2, c.p.p., con riguardo al tributo evaso nonché ad eventuali sanzioni ed interessi maturati sino al momento dell’occultamento o distruzione delle scritture contabili o dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione, trattandosi di risparmio di spesa che costituisce vantaggio economico immediato e diretto della condotta illecita tenuta (Cass. 166/20).