alibi falso

Con sentenza n. 21241 del 17 marzo 2022 (dep. 31 maggio 2022), la prima sezione penale della Corte di Cassazione ha offerto importanti indicazioni circa le regole di valutazione della prova indiziaria, con particolare riferimento al c.d. “alibi falso” e al mendacio dell’imputato

L’art. 192 c.p.p. detta regole probatorie che concorrono a definire l’ambito degli strumenti logici a disposizione del giudice nella formulazione del giudizio di responsabilità penale; l’inosservanza della norma citata, dunque, può rilevare solo come vizio di motivazione nei limiti indicati dall’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., ossia come mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame (Cass. pen., sez. III, 17 ottobre 2012, n. 44901).

La valutazione della prova, sia essa indiziaria o diretta, deve poi condurre ad un accertamento del fatto e della attribuibilità di esso all’imputato in termini di certezza processuale, raggiunta qualora un diverso accertamento non sia ipotizzabile o lo sia solo come accadimento del tutto eccezionale, estraneo all’ordinario svolgersi dei fatti umani.

Con specifico riferimento alle regole di valutazione della prova indiziaria, di cui all’art. 192, comma 2, c.p.p., è consolidato l’orientamento secondo il quale, una volta accertati e quindi noti i dati fattuali rilevanti, si deve procedere ad una duplice operazione, dapprima, funzionale a valutare ciascun dato singolarmente per stabilire se presenti o meno il requisito della precisione e per vagliarne l’attitudine dimostrativa, e quindi in un’ottica complessiva per verificare se la considerazione unitaria dei dati disponibili consente di superare l’ambiguità probatoria di ciascuno e quindi di ritenere provato il thema probandum.

I requisiti normativi di gravità e precisione attengono alla relazione logica tra fatto noto e ignoto, che è tanto più significativa quanto minori sono le ipotesi alternative pure logicamente collegate al fatto noto, mentre la concordanza assicura che i dati indiziari non siano reciprocamente in contrasto logico.

Ciascun dato indiziario deve dunque essere sottoposto a verifica circa l’intensità del rapporto di necessità logica con il fatto da provare e quindi il quadro indiziario, che sia concordante, deve essere valutato complessivamente onde verificare se esso consenta di ritenere provato il fatto ignoto in termini di certezza processuale, che sussiste quando non sono formulabili ipotesi alternative ovvero qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all’ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana (Cass. pen., sez. un., 12 luglio 2005, n. 33748).

La giurisprudenza riconosce al cd. alibi falso – che ricorre qualora sia provata la falsità delle dichiarazioni rese dall’imputato in ordine al (diverso) luogo dove egli si era trovato al momento del fatto – valore indiziario di accusa perché tale comportamento rivela una consapevolezza dell’illiceità della condotta che si mira a nascondere alla giustizia (Cass. pen., sez. un., 4 febbraio 1992, n. 6682).

Si è aggiunto che detta valenza indiziaria va sottoposta a vaglio onde verificare se, in relazione alle particolarità del caso concreto, emergano elementi significativi di una alternativa spiegazione della dichiarazione mendace dell’imputato.

Infine, il mendacio dell’imputato assume rilievo indiziario di accusa solo se espressione dello specifico interesse a nascondere il vero e quindi debba essere vagliata ogni altra spiegazione alternativa.